Dimmi quanto a lungo vivrai e ti dirò quanti soldi di pensione prenderai. Sta tutta in questa battuta una nuova possibile riforma delle pensioni.
Aspettativa di vita alta, pensione bassa. E viceversa. Il meccanismo, incredibile ma vero, sarebbe niente meno che allo studio dell’Inps. Quello delle risorse per le pensioni, si sa, è un problema sempre più urgente e importante in una società che invecchia, offre poche opportunità di lavoro e non fa figli. E allora i responsabili dell’Istituto nazionale di previdenza sociale devono giocoforza aguzzare l’ingegno e trovare soluzioni “creative”. Vediamo nei dettagli questa nuova ipotesi.
Per la tanto attesa riforma del sistema pensionistico, l’Inps starebbe prendendo in considerazione l’idea di adeguare le pensioni all’aspettativa di vita dei lavoratori. Il presupposto fondamentale è che le persone meno abbienti spesso hanno un’aspettativa di vita più breve. Di conseguenza, calcolare gli assegni con lo stesso coefficiente per tutti, come avviene oggi, va solo a vantaggio dei cittadini più ricchi. E per l’Inps si tratterebbe di un'”ingiustizia sociale”.
I dati parlano chiaro. Secondo un’analisi condotta effettuata dal Corriere della Sera sulla banca dati dell’Inps, un pensionato iscritto al fondo dei lavoratori dipendenti, che comprende anche operai e impiegati, “ha un’aspettativa di media di ricevere l’assegno pensionistico per 17,6 anni”. Ma la musica cambia per i dirigenti, che si godono in media 19,7 anni da “pensionati”. Ed ecco che a fare la differenza sulla speranza di vita interviene anche il reddito. Coloro che si collocano nella parte più bassa delle fasce reddituali riceveranno la pensione per una media di 16 anni, mentre all’estremo opposto il valore sale a 20, 9 anni.
Un’altra variabile in gioco nei complessi calcoli della distribuzione del welfare è la regione di residenza dei lavoratori. Emerge infatti un significativo divario tra Nord, Centro e Sud Italia. Secondo i dati del quotidiano di via Solferino, per esempio, le donne del Trentino-Alto Adige sono le più longeve, e riuscirebbero a godersi la pensione per ben 21,6 anni contro i 17,1 di quelle campane e siciliane. E gli uomini? Quelli che vivono nelle ridenti Umbria e Marche e raggiungono la pensione a 67 anni e possono sperare di percepirla per 18,3 anni, contro i 17 di campani e siciliani. Moltiplicati per il numero di pensionati di oggi e di domani, non sono affatto bruscolini…
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