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Fare il minimo indispensabile per non perdere il lavoro: quiet quitting, la nuova (malsana) tendenza

Published by
Veronica Elia

Si chiama quiet quitting ed è questa l’ultima nuova tendenza che sta spopolando a lavoro: ecco in che cosa consiste.

Hai mai sentito pronunciare l’espressione “quiet quitting”? Non tutti ancora la conoscono, eppure si tratta dell’ultima malsana tendenza che starebbe spopolando a lavoro. In pratica consiste nel fare il minimo indispensabile per non farsi licenziare e sempre più persone stanno cominciando a seguire questo stile di vita.

Cos’è il quiet quitting a lavoro (Mediaat.it)

Ovviamente il fenomeno ha generato due diverse scuole di pensiero. Da un lato c’è chi condivide appieno il quiet quitting e dall’altro c’è chi lo condanna fermamente. E tu, da che parte stai?

Per capire meglio in che cosa consiste questo nuovo trend e per farti un’idea più approfondita sull’argomento non perderti assolutamente il nostro articolo di oggi.

Cos’è il quiet quitting: la nuova (malsana) tendenza a lavoro

Come abbiamo anticipato fin dall’inizio del nostro articolo, il quiet quitting è un fenomeno che ha preso piede nell’ultimo periodo in ambito lavorativo. In pratica si tratta di una nuova tendenza che porta le persone a fare il minimo indispensabile per non farsi licenziare dal proprio capo. Ma che cosa si nasconde dietro a questo tipo di atteggiamento? Quali sono le cause all’origine del fenomeno?

Quiet quitting: il nuovo trend a lavoro (Mediaat.it)

Per molti il quiet quitting è passeggero, per altri invece è un vero e proprio stile do vita. Le persone che abbracciano questa filosofia non si fermano mai in ufficio dopo l’orario di lavoro, non fanno più del loro dovere, non aiutano i colleghi a meno che non gli venga espressamente richiesto e non hanno iniziativa né ambizione.

Da un lato questo comportamento sembrerebbe riguardare soprattutto la cosiddetta Gen Z, cioè coloro che sono nati a cavallo tra gli anni Novanta e gli anni Duemila. Il loro obiettivo sarebbe quello di evitare episodi di burnout, ormai sempre più frequenti nel mondo lavorativo. Per loro, inoltre, non ci sarebbe un’identificazione tra vita e lavoro.

In apparenza non sembrerebbe quindi esserci nulla di male in questa recente tendenza, se non che i suoi effetti sarebbero perlopiù negativi. Per molti, infatti, questo atteggiamento sarebbe da considerarsi pura pigrizia e ingiustizia nei confronti dei colleghi, i quali sono di conseguenza costretti a lavorare di più per sopperire alle mancanze altrui.

Dal canto loro, però, i sostenitori del metodo sottolineano come fare di più a lavoro non implichi necessariamente un guadagno maggiore o un riconoscimento extra. Motivo per cui non sono disposti a scendere a compromessi.

Ad ogni modo, nonostante le polemiche, il fenomeno continua a crescere a dismisura e sul web il dibattito si fa sempre più acceso. E tu, che cosa ne pensi? Se vuoi il nostro configlio: “in medio stat virtus”!

Veronica Elia

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